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Aria di Barcolana nella pittura di Rosignano

LORELLA FERMO, Livio Rosignano, cm 29 x 42, tecnica mista su carta, 2015
 

L’atmosfera magica della Barcolana – dal 29 settembre all’8 ottobre – dura ben oltre lo svolgimento della manifestazione, dentro un complesso di risonanze che l’arte di Livio Ro­signano (Pinguente / Istria, 1924 – Trieste, 2015) va ad inquadrare con occhio poetico. Ogni anno la kermesse marinara triestina rav­viva anche il ricordo di un artista che su quel­la temperie ha creato moltissime sue tele. Nel mare trova momentaneamente quiete “quello spirto guerrier / ch’entro gli rugge” di fronte alle evidenze negative della contemporaneità. L’obiettivo della sua attenzione infatti coglie solitamente un ambito del quotidiano che, proprio per il fatto di essere confinato nella marginalità della cronaca oppure nella ripe­titività della consuetudine, è assunto dall’ar­tista come elemento di crescita e centro mo­tore per la distillazione di una poesia, insita nelle cose, nelle persone e nelle vicende che ogni giorno scorrono davanti agli occhi. È un modo per essere dentro quel piccolo universo, ritratto sempre non da un occhio che guar­da dall’esterno, ma che da dentro assorbe gli umori del reale centellinandoli in porzioni di calda partecipazione. Non è strano che il tutto provenga da una per­sona schiva e a suo modo introversa; l’artista mostra infatti una capacità visionaria proprio nell’esercizio di quella sottile immaginazione dentro il labirinto di ambienti, di figure, di oggetti che di fatto appartengono al suo vissu­to. All’osservatore si prospetta allora il mondo delle osterie, dove molte volte il coraggio della parola è istillato dalla compagnia di amici veri o occasionali, che si rapportano tra loro anche sulla liturgia del bere: lo spazio in cui l’allegria meccanica, prodotta dal vino, in ognuno degli avventori si fa splendido pretesto a un’inter­mittenza del proprio intimo malessere. Per Rosignano il disegno e la pittura, di cui il disegno stesso è fattore fondante insieme al co­lore, sono la pellicola di un film sugli atteggia­menti degli uomini nelle loro azioni abituali: i camerieri che si muovono in una danza prosai­ca, adibita alla relazione con un pubblico che socializza sull’auspicio del brindisi o si apparta idealmente nell’”ascolto” del giornale; la sosta pensosa su una panchina, persone con volti scavati dal tempo e trascinati dallo sguardo verso obiettivi indistinti; i pescatori che coc­colano le loro reti; la darsena tagliata dalle ge­ometrie costitutive delle barche; le maternità per nulla eroiche, anzi esaltate nella loro soffe­renza da una figurazione sghemba e pietrosa; la semina quale rito concertato con la natura. Tutta la pittura di Livio Rosignano scaturisce dalla necessità di eleggere il colore a cassa di risonanza interiore, per cui ambienti e paesag­gi raramente sono spazi descrittivi, dove pren­de corpo un racconto o si precisa un aneddoto d’esistenza, anzi sono quasi sempre modi per esprimere sfumature del pensiero in rapporto ai luoghi e alle persone, su cui emblematica­mente l’artista posa il suo sguardo partecipan­te. La consistenza dell’impasto, la leggerezza del gesto, la pellicola cromatica che pulsa per so­vrapposizione di sfumature, il tocco perento­rio che fissa il senso più profondo della realtà, guidano la mano di Livio Rosignano anche in questi dipinti interamente dedicati al mare: autentiche finestre aperte sull’emozione che l’Adriatico di casa genera in lui, impegnato già più volte a far volteggiare quella medesi­ma acqua in schiumanti ondate sotto la sferza della bora sul molo. Come è decisa la pennellata, così è immediato il segno che richiede solo pochi attimi per pre­cisarsi alla mente dell’autore, capace di stupir­si di fronte all’evento creativo che pur governa con grande intensità di adesione alle cose, alle situazioni, alle atmosfere tradotte nella poe­sia di un impianto cromatico, che si muove nella temperie di una luce centro-europea più che nel solco di una sensibilità mediterranea. La sua è sempre una silenziosa sofferente con­divisione dell’esistente, da una posizione non di aristocratico distacco, ma di accostamento discreto agli eventi, nei quali sa leggere l’es­senza che guida i meccanismi evolutivi della cronaca personale e della storia collettiva. La vena malinconica che innerva gran parte della sua poetica sembra temporaneamente attutita in un’orchestrazione cromatica, dove la singola tinta si fa gregaria di un’altra in un’osmosi seducente di toni, di lampi e vibra­zioni. Ma il mare è stato sempre presente nella poesia di Rosignano, se non altro in forma el­littica: gli scaricatori del porto, i pescatori che tirano le reti, i marinai che scrutano pensosi l’orizzonte oppure che bevono nelle taverne delle rive, la varia umanità che gravita attorno alle banchine.Le opere offrono un dilatato ventaglio di scorci marini in cui uno dei protagonisti, esplicito o sottinteso, è il vento che gonfia le vele in regata oppure viene atteso come motore del desiderio d’andare. Diversi sono i quadri aperti sul golfo, con lo specchio antistante la riviera punteggia­to dal bianco che fa da contrappunto a quello delle pietre di Miramare. Denso di dramma­tico sentimento esistenziale è il motivo delle barche ricoverate al riparo del molo, mentre il mare spumeggia in un presagio di tempesta. Raramente la visibilità è limpida, il clima è sempre ovattato in una sorta di velo pulvisco­lare che fa vibrare l’immagine in una pulsazio­ne sottile, che è evidenza dinamica dello scatto poetico, quello stesso che Livio Rosignano sa imprimere alle sue parole nelle liriche.

LIVIO ROSIGNANO, A terra, cm 70 x 92,5, olio su tela 1996

Mira­mare è spesso un perno visivo attorno a cui ruota la composizione, mentre il pelo dell’ac­qua lascia intravedere il senso di una profon­dità variabile, resa da un concerto di pennel­late che si incrociano in un sistema di gesti rivelatori della complessa tessitura pittorica. Le figure tracciate sulla superficie con imme­diati colpi di pennello, si stagliano come sa­gome immerse in una temperie dove il sole è elemento lontano che dà plasticità a cose e persone, eppure si situano in una dimensio­ne di impalpabile consistenza, come entità del pensiero che “camminano” nel racconto di un’adesione al tema, il mare, con la naturale consapevolezza da parte dell’artista di appar­tenere a una terra che proprio al mare attinge gran parte della sua sostanza caratteriale. 

Enzo Santese

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