Home Letteratura La visionarietà di Max Ernst tra eros e thanatos

La visionarietà di Max Ernst tra eros e thanatos

Ernst è uno degli artisti più affascinanti del secondo millennio e i suoi lavori rimandano a un mondo culturale che attinge indistin­tamente dalla filosofia come dalla scienza, dalla religione come dal naturalismo, dalla storia dell’arte, dalla psicologia e dalla psico­analisi. Per tanti aspetti il suo stile richiama l’eclettismo di quelle figure geniali del rina­scimento che si cimentavano con successo in ogni settore perché portatori di conoscenze interdisciplinari ma Ernst, che ha la possi­bilità di muoversi in un sapere stratificato, senza rinunciare al passato lo contamina con moderne sovrastrutture, lo anima con con­fuse pulsioni in bilico tra eros e thanatos.

MAX ERNST, La natura all’aurora (Canto della sera) (particolare), cm 81 x 100, olio su tela, 1938

Davanti alle opere di Max Ernst la prima sensazione è sicuramente di stupore, diso­rientamento, perché l’insolita visionarietà dei lavori dell’artista tedesco trasporta im­mediatamente l’osservatore in un’altra di­mensione, un mondo possibile solo nei sogni.

Dunque la sua creatività è colta, erudita nei richiami e rimandi, ricercata nei materiali e nelle tecniche, provocatoria nei messaggi e nei temi, elegante e raffinata nelle scelte fi­gurative, in un gioco che avvince e trascina in una dimensione atemporale indefinibile. L’adesione dell’artista tedesco a un mondo meraviglioso e irreale comincia molto presto; infatti i suoi primi studi universitari sono ri­volti alla filosofia, alla psicologia, ed in que­sta fase esplora un mondo ove la ragione cede il posto al disagio, all’alienazione, alla follia.

Dopo poco abbandona questi studi per dedicarsi all’arte, inseguendo da una parte una naturale inclinazione visto che suo padre era un pittore, dall’altra cercando di liberare nella creatività della pittura una spontanea e irrazionale associazione di pensieri e oggetti, di emozioni e rappresentazioni. Aderisce sin dai primi momenti al Surrealismo ma por­ta in questo movimento una personale com­plessità, uno sperimentalismo empirico che ne fanno sostanzialmente il maggior rappre­sentante, il protagonista assoluto. Infatti se il surrealismo è esaltazione del sogno, come rifiuto della ragione e liberazione dell’in­conscio, il pittore tedesco aggiunge a queste tendenze un’insolita coesistenza di due for­ze contrapposte, quella dell’uomo e l’altra dell’intellettuale che vigila sulla prima e ad essa fornisce strumenti e materiali per espri­mersi e rappresentare le pulsioni e le fantasie dominanti.

E sicuramente Eros e Thanatos attraversano buona parte della produzione di Ernst, profondamente consapevole del controllo e della paura che i due elementi esercitano sull’uomo. Convinto che solo un ipocrita perbenismo borghese può negare o nascondere le pulsioni sessuali, che sono in­vece una parte fondamentale della sua vita personale e sociale, l’artista riconosce all’e­ros lo spazio dovuto, ma mai in modo vol­gare, alludendo più che esplicitando, dando

alla presenza femminile uno spazio di rilievo senza scadere mai in un realismo prurigino­so. Mettendo a confronto due opere distanti nel tempo come Verso la pubertà del 1921 e Il giardino di Francia del 1962 appare evi­dente che le due figure femminili confermano un forte condizionamento erotico della natu­ra umana, ma nello stesso tempo rimandano ad altro, sollevano domande, spingono verso una lettura più allargata e profonda. E nem­meno è possibile negare il pensiero dominan­te della morte che attraversa il tempo, segue l’uomo ab origine, minacciando la salute del corpo e dell’anima. Il Crocifisso del 1914, seppure intriso di espressionismo più che di surrealismo, parla della morte, attraverso un protagonista eccezionale della religione e del­la storia dell’uomo. Una morte fatta di sof­ferenza e di dolore. Ebbene, quasi trent’anni dopo in Europa dopo la pioggia, il messaggio è lo stesso, la morte si accompagna al do­lore, alla distruzione. Spirito inquieto e mai pago, cerca risposte definitive nell’arte come nella vita, senza mai trovarle, ma senza mai rinunciare. La sua vita è ricca di amori, ma­trimoni, viaggi, amicizie importanti, la sua arte insegue con tenacia la rappresentazione di un mondo interiore oscuro e misterioso. Una grande mostra retrospettiva, ricca di più di quattrocento opere, attende i visitatori al Palazzo Reale di Milano dal 4 ottobre di quest’anno al 23 febbraio del 2023, un’oc­casione unica per conoscere tante facce di un artista poliedrico che ha introdotto e valo­rizzato in pittura tecniche quali il grattage, il frottage, il collage, la decalcomania, che è stato anche scultore, disegnatore di gioielli e scrittore.

Mario Giannatiempo

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