Ci sono autori che sono ricordati in tutte le antologie e celebrati in ogni occasione, altri che invece precipitano nell’oblio, non perché la loro opera sia qualitativamente meno importante o la loro testimonianza meno preziosa, ma semplicemente perché non risulta utile alla costruzione di una narrazione ad usum Delphini.

Marco Scalabrino, poeta, saggista e traduttore, studioso del dialetto siciliano, ha voluto rendere giustizia a un autore per lo più dimenticato e in occasione del cinquantenario della sua morte ha scritto una splendida biografia, “Nuvole nell’anima” Abate Editore, 2021 dedicata poeta siciliano Mario Gori, nato a Niscemi nel 1926 e mancato (troppo presto) nel 1970 a Catania.
In questo suo studio-tributo al poeta niscemese ne pone in luce la statura umana e artistica, offrendo anche una ricostruzione del ricco milieu culturale che era la Sicilia alla metà del Novecento, vera e propria fucina d’ingegni artistici e creativi. In particolar modo si diffonde riguardo a quel movimento letterario detto Trinacrismo che si sviluppa a Catania intorno al 1946, di cui Mario Gori stesso è promotore e che si proponeva l’obiettivo di rinnovare la poesia dialettale siciliana.
Nel primo volume che pubblica a Caltagirone, “Germogli”, 1944, vi sono i primi tentativi lirici che già fanno intuire la ricchezza del suo percorso poetico esistenziale, che si consoliderà nelle sue pubblicazioni successive, “Ogni jornu ca passa”, 1955, scritta in dialetto siciliano e “Il garofano rosso”, 1957, scritta in lingua italiana, in cui è raccolta la sua produzione più pregevole. Mario Gori non si limita ad essere poeta, ma è fondatore e direttore di alcune riviste letterarie “La Soffitta” (1957-1961), “Il Banditore Sud” (1961) e “Sciara” (1965), alle quali collaborano firme prestigiose come Giuseppe Villaroel, Mario Farinella e Gesualdo Manzella Frontini. Marco Scalabrino in questa biografia ci restituisce un’immagine del letterato in tutta la sua ricchezza e complessità, indagando anche nelle pieghe caratteriali che indubbiamente influiscono sulla sua produzione poetica, rilevandone quella vena profonda, melanconica e metafisica che appartiene intrinsecamente allo spirito siciliano.
Dietro all’aspetto del giovane intellettuale estroverso e anticonformista, all’amabilità dei modi e alla serenità del volto, si celava un’anima inquieta e tormentata, sospesa tra la nostalgia del passato e la ricerca di un presente e futuro possibili. Con grande sensibilità, legata anche alla sua medesima attitudine alla ricerca e al recupero del dialetto, Marco Scalabrino ci racconta come la poetica dell’autore, sospesa tra l’elegiaco rimpianto di un mondo contadino mediterraneo e la nostalgia di un’infanzia perduta, intrisa di cantilene che ricordano antiche musiche arabe, si unisca alla coscienza dell’importanza di una missione poetico-letteraria di vasto respiro culturale.
Mario Gori irride l’arroganza di certi pseudointellettuali, insofferenti verso il cambiamento e incapaci di dialogare con le nuove generazioni. Profondo conoscitore della tradizione poetica che compare nella sua poesia senza per questo appesantirla, la figura di Mario Gori è anche quella di instancabile promotore culturale, prosatore e testimone del suo tempo. La grande generosità con cui si è speso per promuovere e valorizzare la bellezza e la complessità della lingua siciliana, la ricchezza evocativa delle sue liriche, l’impegno incessante, soprattutto rivolto ai giovani per far apprezzare il valore della poesia, lo rendono una figura di spicco alla quale finalmente Marco Scalabrino, autore che ama le sfide, ha reso giustizia e visibilità, riscattandone la memoria.
Lucia Guidorizzi