Il nuovo libro di Fernanda Ferraresso “Cartoline dalla casa del tempo” Terra d’ulivi, 2021, si configura come un processo incessante di creazione poetica protesa in un andirivieni continuo tra passato e presente. Conoscevo già la profonda sensibilità e cultura dell’autrice, curatrice e responsabile del sito web “Cartesensibili”, in particolare grazie ad alcune delle sue opere precedenti come Migratorie non sono le vie degli uccelli, Il Ponte del Sale 2009, Maremarmo, Lietocolle 2014, Alfabeti segreti, Terra d’ulivi 2018, Nel vano delle parole, Lietocolle 2018, ma in quest’ultimo suo lavoro in particolare l’autrice lancia a se stessa una sfida complessa e ardua, riuscendo perfettamente nei suoi intenti. Si tratta di un’opera misteriosa, sospesa tra poesia e prosa poetica, ricca di domande e di aperture, che illuminano un tempo sospeso su soglie che si aprono su mondi diversi e differenti stati dell’essere. Si percepisce dominante in questa raccolta, ancor più che nelle altre, la percezione spaziale, o meglio, un’attenzione privilegiata per la dimensione dello spazio-tempo che forse le deriva dalla sua formazione, (Fernanda Ferraresso è laureata in architettura e si occupa di progettazione architettonica) e che scandisce le tappe del suo viaggio poetico.
La raccolta è strutturata in quattro parti: “Per scrivere il mio diario”, “Dreaming and streaming”, “Cercando l’oracolo”, “Non volevo trovarmi più”. Presente in ognuna di queste sezioni, la dimensione del dentro-fuori e del prima-dopo, elementi caratterizzanti che offrono un senso di simultaneità cronologiche e spaziali, permettendo di acquisire una prospettiva molteplice. La vita scorre sospesa tra dimensione onirica e flusso multimediale di percezioni, pari allo scorrere di un fiume. Fiume eracliteo è il tempo che trascina con sé sensazioni e impressioni che sfumano le une nelle altre incessantemente. I luoghi evocati si configurano come tracce di senso, città, strade, case e assurgono a condizioni dell’anima sempre in fieri, emozioni dimenticate riemergono come continenti scomparsi.
Nei testi è presente anche un forte parallelismo tra la casa e il corpo, entrambi luoghi dell’abitare pieni di segni, tracce, crepe, cicatrici. In un procedere fatto di cadute, di commiati, di assenze e di distanze, ma anche d’illuminanti consapevolezze, si snoda il viaggio terreno e spirituale di Fernanda Ferraresso, pronta a interpellare queste cartoline della casa del tempo che si squadernano una dopo l’altra al pari di oracoli. Quelle in cui risuonano intrichi di voci sono le stanze della poesia, i geroglifici dei suoi alfabeti segreti mantengono la preziosità indecifrabile dei loro enigmi.
Anche la testa, o meglio, la scatola cranica, trattenendo i ricordi del vissuto, si fa stanza privilegiata di memorie ed evocazioni. Attraverso i silenzi che si addensano in questi territori nascosti, nella casa/corpo abitato vanno e vengono ombre di presenze/assenze sempre sul limite/limitare. Tra interrogazioni e ritorni, tra dolorose partenze e distacchi si compie il ciclico girotondo delle stagioni. Il ruolo del linguaggio è creare il mondo e nominarlo. Per questo nel libro, tormentato e oracolare, vicino e lontano s’intrecciano in una trama enigmatica: ogni identità perde i suoi contorni senza per questo dimenticare la sua fedeltà alla vita e alle proprie radici. Nelle sue pagine c’è sempre una voce che chiama, che continua a chiamare ineludibile: la voce della poesia.
Lucia Guidorizzi