Guido Oldani candidato al Premio Nobel
Il suo Realismo Terminale ha già da tempo un posto nella storia
Nato nel 1947 a Melegnano, comune dell’area metropolitana di Milano, Guido Oldani è una presenza solitaria pienamente immersa nei ritmi frenetici del mondo, quindi la rappresentazione viva di un ossimoro abbastanza intrigante: da una parte è persona riservata e schiva, che ama la solitudine, nel cui involucro di silenzio coltiva una riflessione profonda sui modi e i tempi della realtà contemporanea un po’ sospesa nella forte divaricazione tra natura e artificio; da un’altra parte, è uno dei poeti italiani ed europei più noti, letto e seguito anche fuori dall’angusto ambito della poesia, per le caratteristiche della sua analisi puntata sulle dinamiche dell’esistente e sui flussi metamorfici della società odierna. La sua voce risuona su prestigiose riviste dello scenario mondiale e, quel che è raro tra gli intellettuali d’oggi, in piena sintonia e coerenza con il pensiero che veicolano le sue raccolte: Stilnostro (Cens 1985), introdotta da Giovanni Raboni, ‘Sapone’ (2001), edita dalla rivista internazionale Kamen, ‘La betoniera’ (LietoColle 2005). Ha curato l’Annuario di Poesia (Crocetti); i suoi testi appaiono in varie antologie, tra cui Il pensiero dominante (Garzanti 2001), Tutto l’amore che c’è (Einaudi 2003) e Almanacco dello specchio (Mondadori 2008). Con l’editore Mursia ha inaugurato la Collana Argani, che dirige, pubblicando nel 2008, Il cielo di lardo; nel 2010 ha pubblicato Il Realismo Terminale; nel 2018 La guancia sull’asfalto e nel 2021 Dopo l’Occidente. Lettera al Realismo Terminale. Si tratta di un complesso mosaico di opere, dove in embrione e via via in forma esplicita e articolata emerge una sottile inquietudine dall’osservazione dei fatti storici e degli avvenimenti di cronaca di portata globale; questi determinano violenti scossoni metamorfici che investono direttamente gli ambiti antropologici. In periodi molto brevi si attua un rovesciamento rapido delle situazioni già acquisite in tempi lunghissimi, spiazzando la capacità di sguardo (quando c’è!) dell’individuo impegnato a onorare le cose come divinità del quotidiano, con il risultato che la natura assomiglia sempre di più agli oggetti.
La poesia è un arco che manda la freccia al cuore delle cose: con questa “similitudine rovesciata” (figura retorica “inventata” da Oldani che poi applica all’analisi della realtà, mutando il punto di osservazione iniziale) si potrebbe cogliere uno degli aspetti essenziali della sua opera e della sua poetica, sospinta sempre lungo una direttrice che attraversa la realtà, mettendone in evidenza la consistenza fisica e la sua composizione fondata sull’accatastamento e sull’accumulo di elementi artificiali capaci di trascurare la natura fino all’oltraggio vero e proprio. Da anni il poeta inquadra il suo rapporto con la scrittura poetica come il periscopio per scandagliare il mondo circostante coperto e nascosto da un uso smodato delle cose che, specialmente nell’epoca odierna percorsa da fremiti globalizzanti apparentemente inarrestabili, declina e interpreta la natura come complemento subordinato alle logiche di sovrapproduzione dell’inutile e del superfluo. È il pensiero fondato proprio sul concetto di Realismo Terminale, movimento codificato dallo stesso Oldani nel manifestoomonimo nel volume pubblicato da Mursia. Nel 2019 è stato il primo autore italiano a ricevere l’International Poetry Award 1573.
Ora intellettuali di aree culturali e geografiche diverse hanno proposto ufficialmente la candidatura del poeta al Premio Nobel per la letteratura. Tra di loro gli italianisti Giuseppe Langella – che fin dal primo momento è stato accanto ad Oldani con il suo supporto critico scientifico – Caterina Verbaro, Daniele Maria Pegorari, Daniela Carmosino; il presidente della fondazione di poesia ‘’Il Fiore’’ Giuseppina Caramella; l’artista svedese Françoise Ribeyrolles-Marcus; i poeti cinesi Jidi Majia e Gao Xing, il russo Gennadij Šlapunov (presidente della Fondazione per il dialogo eurasiatico tra culture e civiltà), lo statunitense Major Jackson e il sudafricano Zolani Mkiva. La motivazione della lettera inviata al Comitato Scientifico Svedese è chiara nell’indicazione di un requisito fondamentale che il movimento pensato e promosso da Oldani ha: “una tendenza letteraria di portata planetaria, aperta alle più varie forme espressive (arti visive e plastiche, musica, teatro, danza), che ambisce ad essere la rappresentazione critica e ironica della civiltà globalizzata degli anni Duemila, interpretando e descrivendo quegli aspetti del divenire storico-sociale che maggiormente caratterizzano il nostro tempo, tanto da poter essere additati come i suoi esiti più tipici e rappresentativi”.
Enzo Santese
