Home Letteratura “L’ora di Pascoli” rintocca in un poemetto bilingua

“L’ora di Pascoli” rintocca in un poemetto bilingua

Una visita a Barga, luogo eletto da Giovanni Pascoli come sua residenza privilegiata, sti­mola un processo creativo in cui Massimo Pa­rolini, scrittore con una corposa bibliografia di interventi nella poesia e nella saggistica, lascia emergere oltre che la sua conoscenza anche la passione per la poesia. Ne nasce un pometto, L’ora di Pascoli /The Hour of Pascoli, nelle edizioni Fara, con i contributi di Francesca Diano per la traduzione, Pietro Verdini per le illustrazioni, e Alice Cencetto per la prefa­zione. I luoghi che hanno visto concretamen­te buona parte dello svolgimento esistenziale dell’autore di Myricae diventano una sorta di palcoscenico dove, sull’onda di una fantasia che si puntella su precise conoscenze biogra­fiche, Parolini imbastisce un racconto disteso sul discrimine tra credibilità e azzardo inter­pretativo.

E la poesia accoglie nella sua tessitura citazio­ni pascoliane (evidenziate dalla scrittura cor­siva), poste lì come in alveoli dove respira a distanza di tempo una possibile relazione del poeta, “vivo”, con il suo paese e con la sua famiglia, per l’occasione “inventata” intorno a una necessità che il ritmo dei versi consegna all’ascolto del lettore; la forza dell’immagina­zione raccoglie presenze dentro un perimetro dove il vuoto fisico, l’assenza di realtà, viene compensata con il potere visionario della poe­sia. L’autore di questo poemetto fonde, senza confondere, le parole del poeta di San Mauro con le proprie, rendendo viva la materia del pensiero pascoliano posto a contatto con l’e­spressione di Parolini, che mai cerca l’effetto a sorpresa ma distende il ritmo dell’opera nella serie di sequenze disposte a narrare una sto­ria, scritta per distribuire elementi di pensiero percepiti e “raccolti” nella realtà di Castelvec­chio.

L’ora di Pascoli/The Hour of Pascoli è un pre­zioso scrigno di suggestioni, nato durante l’in­contro con il “mondo fisico” del Poeta, dove sicuramente ha “parlato” una sorta di genius loci. È proprio questo che, secondo me, ha innescato il procedimento compositivo, dove con un’efficace operazione “chirurgica” l’au­tore ha sezionato persone, luoghi, episodi per trasporli nei tempi e nei ritmi del poemetto. E la fantasia – complice il carattere duttile di una parola che modella emozioni e sentimenti più di tessere racconto (che pur c’è!) – orga­nizza un viaggio fantastico nelle lande di de­sideri “impossibili” anche per Pascoli: uscire dalla retorica del nido per renderlo più vero e completo con la cooptazione di tutti i compo­nenti, perfino di quel fratello “Peppino” che la diversità del carattere porta lontano dalla famiglia.

Con il carattere generale dell’opera si sinto­nizza l’intervento grafico di Pietro Verdini, autore di alcune scene risolte graficamente sulla base di un segno che incide i contorni onirici della rappresentazione. Ma di sogno è anche la scintilla generatrice de L’ora di Pa­scoli/ The Hour of Pascoli che nella frontali­tà in lingua inglese ha la sua cifra più estesa nell’indicazione di un ampio uditorio, invitato per l’occasione a un approfondimento dell’o­pera di Pascoli fuori dalla schematicità sco­lastica, dove Giovanni Pascoli spesso è stato svilito da una lettura frettolosa e infarcita di luoghi comuni. Parolini contribuisce in ma­niera sostanziale a togliere la polvere dell’ov­vio per far luccicare lo stimolo a riconsiderarlo sotto una luce diversa.

Enzo Santese

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