

La prosopopea è figura retorica di gusto prettamente classico secondo cui si dà parola a personaggi defunti o comunque assenti. È quanto ci offre nella sua straordinaria eterogeneità di umori Venezia xenithea – Storie di donne straniere a Venezia, curato da Antonella Barina per “Edizione dell’Autrice”. I tratti portanti dei vari moduli di scrittura sono il desiderio e la “stranierità” non solo nella percezione della città, ma anche degli uomini. L’etimologia soddisfa a pieno la curiosità di chi voglia conoscere le intime radici del desiderio (dal latino de che indica distanza e negazione, sidus stella,) inteso come tensione a raggiungere ciò che è lontano dalla nostra fruizione consueta. La parte introduttiva dice chiaramente quanto il libro propone ai lettori: “Questa raccolta narra storie di donne per molti versi straniere a Venezia, alla ricerca del loro desiderio profondo”. La scintilla generatrice dell’idea scocca nel 2005 quando, in occasione di una conferenza su Peggy Guggenheim, madrina di una delle più avvincenti partecipazioni ai fenomeni più cospicui dell’arte del secondo ‘900, Barina avverte una sorta di rovesciamento dei valori logici del giudizio critico, esasperato da “commenti sessisti nei suoi confronti”. Due sono quindi le direttrici su cui si sviluppa questa coralità di comunicazioni che ben disegnano i contorni marcati di soggettività pienamente inserite nel loro contesto storico-geografico, ma disposte ad attivare quella linea di connessione con Venezia che è data dalla loro “stranierità”, quella condizione di essere accolte nel tessuto della città lagunare sempre e comunque con la riserva del loro essere “forestiere”. Le donne impegnate in questa kermesse di scrittura esprimono il grado del loro coinvolgimento con le tematiche trattate, affascinanti anche perché hanno consentito alle autrici di entrare “in presa diretta” nelle vicende peculiari o in un aspetto caratterizzante della loro biografia per interpretare, come su un palcoscenico, tremori e certezze, gesti ostinati e ripiegamenti resipiscenti, illusioni consapevoli e speranze istintive, calcolo e azzardo, persistenza nella regola e ricerca di libertà, a costo di trasgredire e pagarne i prezzi. L’esito del lavoro di ricerca è un teatro dove la dimensione del tempo pare essersi appiattita in un eterno presente; qui le donne di un passato lontano divengono contemporanee nel momento in cui “ispirano” (nel senso proprio della derivazione etimologica!) alle scrittrici partecipanti all’avventura letteraria- ma in ultima istanza anche antropologica, sociale e politica – di Venezia Xenithea parole, emozioni e stati d’animo che rendono le une e le altre parti integranti di una perfetta unità pensante. Ognuna poi dialoga virtualmente con le restanti e dà luogo a un prismatico carosello di esistenze nutrite profondamente di sostanza femminile, con il pregio di trascendere l’angusto ambito di genere (pur affermandolo con solide motivazioni di appartenenza) e di installarsi su un piedistallo di sensibilità profonda, umanità vibratile, intelligenza cristallina. E così non sono le autrici a fare un’incursione nei diversi tempi dei personaggi storici considerati, ma sono proprio questi a emergere dalla polvere dell’oblio talora e dal silenzio del remoto talaltra per dettare i tempi e i modi di un intervento diretto nella contemporaneità con la mediazione di Antonella Barina (con la poesia per Cristine de Pizan, 1365-1430, e per Bianca Cappello, 1548-1587, poi le personificazioni di Elena Tarabotti, 1604-1652, di Eleonora Duse, 1858-1924, e il ritratto di Peggy Guggenheim, 1898-1979), Devana (con il racconto di Cristine de Pizan e di Elena Cornaro Piscopia, 1646-1684, George Sand, 1804-1876, e Anita Garibaldi, 1821-1849), Lucia Guidorizzi (impegnata con prosa e poesia su Gaspara Stampa, 1523-1554, e su Sara Copio Sullam, 1592-1641), Chicca Morone (su Desdemona, 1604) Lecia Papadopoulos (con il poema per George Sand), Eva Pellegrini (con l’obiettivo puntato sull’imperatrice Teodora, 1058-1083, sulla cinese Hao Dong, 1200, e su Giulia Lama, 1681-1747), Maristella Tagliaferro (con l’immedesimazione in Ginevra Serego Alighieri, 1569-1592), Daniela Zamburlin (Caterina Cornaro, 1454-1510, e Moderata Fonte, 1555-1592, Elisabetta Caminer Turra, 1751-1796), Sara Zanghì alla quale è dedicata la raccolta (che indaga il desiderio di Constance Fenimore Woolson, 1840-1894).
Enzo Santese