Nell’ultimo libro di poesie di Alessandra Pellizzari “Nodi parlati” (traduzione a fronte in inglese di Patrick Williamson), Nem S.R.L. 2019, l’autrice raccoglie appieno la lezione del suo grande maestro Andrea Zanzotto: luoghi e paesaggi, cultura e natura interagiscono e, confrontandosi, creano interazioni profonde. L’orizzonte psichico che si delinea è quello che Andrea Zanzotto chiamava “l’eros del paesaggio”, comunione mistica coi luoghi nella loro interazione col simbolico. “Esistono dei delle città umane” afferma Zanzotto e Alessandra Pellizzari raccoglie questa eredità cogliendone le sfumature più complesse e occulte. Il libro è un profondo atto d’amore nei confronti della Laguna, organismo fragile e complesso, sempre più minacciato dall’opera invasiva dell’uomo. Venezia e le sue acque divengono un arazzo sfolgorante di luce ed ombra, in cui trama e ordito s’intrecciano in nodi che divengono immagine e parola. Il lavoro di Alessandra Pellizzari è arduo e ascetico e la sua devozione al paesaggio diviene un viaggio percettivo e sensoriale che comunica con il lettore attraverso una preziosa eleganza formale, unita a sorvegliato uso della lingua. Nei suoi versi rilucono i marmi e le pietre di Venezia, come nell’opera di John Ruskin, pur se esposti agli agenti atmosferici che li macchiano e li sfarinano, trasformandoli in una perenne entropia.
Protagonisti dei suoi versi sono il vegetale (celidonio, assenzio, gelso, tralci d’uva, limonio, agropiro, salicornia) l’animale (aironi, gabbiani, fenicotteri rosa) e il minerale (pietre, lastre, graniti) che si configurano come emblemi di una mappatura labirintica in cui l’uomo è il grande assente: si odono solo le calli risuonare di passi solitari.
L’autrice introietta il paesaggio, legato ad una dimensione idro-geologica, fino a farlo divenire sua stessa carne e parola. Si procede in uno sdipanarsi poetico attraverso una navigazione tra ghebi e barene, fino a raggiungere il cuore della città con le sue trine di pietra e qui la poesia s’immerge nelle sue sconnessure, ombre, fratture e sprofondamenti.
Il fondale dei canali è di melma e caranto e nasconde memorie inconsce e rimosse. I versi sono caratterizzati da un andirivieni continuo, come la marea, in cui le acque riflettono la mutevolezza dei cieli, solcati dalla scrittura di voli di uccelli da cui trarre enigmatici auspici. La ricerca linguistica è sorvegliata e rigorosa e privilegia la sfera percettiva come strumento di conoscenza.
Ogni apparizione è carica d’intensità epifanica, in un rimbombare di echi che crea una “mise en abyme” in cui i colori rimandano ai suoni, i suoni agli odori e gli odori al tatto; si viaggia attraverso il corpo di Venezia, città di pietra e d’acqua in un fluire continuo che sollecita la devozione al mistero.
Che cos’è un “nodo parlato?” Nel linguaggio nautico si tratta di un nodo utile e semplice, che si realizza in modo rapido e si può eseguire anche con la cima sotto tensione. Esso è utile in particolare per fissare qualunque genere di cosa sia presente a bordo. In un mondo d’incroci e di nodi, Venezia e la sua laguna divengono teatro d’innumerevoli storie e geografie legate al genius loci.
Il libro si chiude con la riproduzione dell’opera “Dialogo del mare” di Maria Lai, artista sarda molto cara ad Alessandra Pellizzari che rispecchia in ambito visivo-concettuale il percorso poetico dell’Autrice.
Afferma Yves Bonnefoy “I luoghi, come gli dei, sono i nostri sogni” e il sogno di Alessandra Pellizzari è l’amore per Venezia, nodo parlato che la lega al pieno e al vuoto di questa città.
Lucia Guidorizzi