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Si è spento a Trieste Juan Octavio Prenz, scrittore argentino nutrito profondamente d’aria mitteleuropea

Juan Octavio PrenzIl 14 novembre Juan Octavio Prenz improv­visamente ha concluso il suo tragitto esisten­ziale, lasciando nel cassetto vari progetti edito­riali a cui ha lavorato in que­sti ultimi tem­pi con un certo impegno, nono­stante la malattia gli riducesse le energie. Lo slancio ad essere cittadino del mondo sembra innervare il suo pensiero, espresso in maniera chiara nel suo terzo romanzo, Solo gli alberi hanno radici, uscito presso la casa editrice “La nave di Teseo” con la prefazione di Claudio Magris. Nato a Ensenada (La Pla­ta, Argentina) nel 1932 in una famiglia ori­ginaria dell’Istria croata, ha insegnato Lin­gua e Letteratura spagnola nelle Università di Buenos Aires e La Plata fino all’avvento della dittatura; nel 1975 è stato costretto ad abbandonare il paese sudamericano per mo­tivi politici e si è trasferito prima a Belgrado e a Lubiana, infine a Trieste, dove ha con­tinuato l’insegnamento universitario presso il locale ateneo. La straordinaria qualità del narratore è emersa già nelle opere preceden­ti, Favola di Innocenzo Onesto decapitato (Marsilio, 2001) e Il Signor Kreck (Diabasis, Parma). Nel primo, l’invenzione della vicen­da nasce dalla volontà di evidenziare come le incrostazioni di certe condotte tradizionali raggiungano talora il margine del paradosso, precipitando poi nel magma fangoso del per­benismo di maniera. L’ironia è arma efficace a penetrare nell’usuale per estrarne il sen­so pieno di una visione nuova e inquadrare un problema col distacco necessario per non essere coinvolto nell’equivoco della faziosi­tà. Nel secondo romanzo, Il signor Kreck, è ambientato al tempo della dittatura argen­tina nella metà degli anni settanta. L’asso­nanza con Kafka traspare in tutta evidenza dal tratto paradossale della vicenda giocata sul filo di un’ambiguità spiazzante per il let­tore, che si trova di fronte a un paradosso di un’angoscia vissuta come elemento di una quotidianità abituale. Il problema dei desa­paresidosè centrale nella riflessione dello scrittore argentino che, con scrittura estre­mamente vivace e pronta a mutuare nelle sue articolazioni la temperatura emotiva scaturi­ta dai fatti narrati, erige un’architettura nei cui piani-strati si distribuisce il complesso di significati propri del racconto, dove epico e fantastico si coniugano con reale e mitico. Il suo terzo romanzo, Solo gli alberi hanno radici, uscito a novembre del 2017, è l’oc­casione per un viaggio del lettore a bordo della “Nave di Teseo”, la casa editrice, fino a Ensenada de Barragan, a circa 60 chilome­tri da Buenos Aires, punto di approdo delle speranze di molti emigranti europei, tra cui i componenti della famiglia del protagonista principale, provenienti dall’Istria. I nomi che sono toccati in “sorte” alle sue varie gene­razioni, Kreuz, Kriz, Croce, vogliono dire la stessa cosa o indicare il medesimo nucleo ma anche la mutazione per i susseguenti passag­gi di nazionalità da un paese all’altro; sono insomma l’evidenza plastica dei capricci del­la storia; essa impone governanti, ai quali si deve adattare di conseguenza la modula­zione del cognome, che, declinato in lingue diverse, è già il segno anticipatore di quella concezione che “solo gli alberi hanno radici”. Una concentrazione di umanità eterogenea trova la comune tensione esistenziale nella ritrovata stabilità lontano dalla terra nativa, ma vicino alle ragioni di decoro e dignità del vivere. Prenz coglie le atmosfere, registra le resistenze, fa risaltare le fragilità, esalta le fi­sionomie di tipi fortemente caratterizzati da una scrittura che incide a tuttotondo le per­sonalità, facendo dei protagonisti gli attori di una commedia dove i poli della comicità e della tragedia talora si sovrap­pongono lasciando emergere in superficie i tratti della loro spe­cifica realtà personale. Il libro assume un’intonazione cubista per la molteplicità di punti di vista che si innestano nella trama, concepita come un mosaico unitario ma veramen­te sommosso nelle sue “tessere” compositive; queste sono poste a diverse gradazioni di rilievo, per rappresentare il vario brulicare di emozioni, stati d’animo, voca­zioni e prospettive degli abitanti di Campa­mento, il piccolo sobborgo nei pressi di En­senada. Da qui comincia a srotolarsi la lunga matassa narrativa, il cui epilogo si compie nel 1938, quando dall’Europa giungono le prime avvisaglie dell’imminente conflitto mondiale. Talora si aprono squarci analitici su un’umanità in cammino verso esiti divari­canti, ma chiari, in una fusione tra “fabula” e “intreccio” che a tratti dà vita a un an­damento labirintico. Nella vasta galleria di personaggi che si accalcano sul palcosceni­co di Prenz c’è la divertita sottolineatura di piccole miserie quotidiane, grandi aspirazio­ni, solide diritture morali, esaltanti punti di comicità, che si ricompone immediatamente in una pensosa riflessione sul presente e sul futuro. Il testo, scritto da Juan Octavio Prenz in spagnolo come i suoi precedenti libri, è stato tradotto in italiano da Betina Lilian Prenz non solo con puntuale aderenza agli umori dell’opera, ma anche con efficace resa in una narrazione che si struttura in 32 ca­pitoli dislocati in una sequenza, che sposta sovente l’obiettivo dal passato delle origini del nonno Alexandar Kreuz in Istria al pre­sente, creando un rimando continuo da una generazione all’altra, cosicché i tempi del ro­manzo rispondono a una logica diacronica con frequenti recuperi memoriali sulla vita nell’Istria croata, su talune abi­tudini tradizionali che lo sguar­do benevolo dell’autore fa lievi­tare verso episodi di un mito. L’assegnazione del Premio Nonino 2019 a Juan Octavio Prenz ha contribuito ad accen­dere i riflettori su una persona­lità che deve essere ancora pie­namente indagata nelle sue più profonde articolazioni intel­lettuali. Nel romanzo Solo gli alberi hanno radici vibra una marcata tensione cosmopolita dello scrittore, che ha al suo attivo anche due raccolte di poesie tradotte in italiano da Be­tina Lilian Prenz, l’Antologia poetica, 1996 (ediz. Hammerle) e Figure di prua, 2019 (La nave di Teseo edit.).

Enzo Santese

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