Con Andrea Camilleri si spegne il canto di un solista d’eccezione
Nato a Porto Empedocle in provincia di Agrigento nel 1925, Andrea Camilleri si è spento a Roma il 18 luglio nell’ospedale Santo Spirito di Roma, dove un mese prima era stato ricoverato d’urgenza. In questi casi il ricordo dello scomparso può assumere i connotati agiografici dell’iperbole che sgorga spontanea nel flusso memoriale, come se una lente deformante ingigantisse i suoi contorni fisionomici. Con Andrea Camilleri la questione è molto diversa, perché il personaggio ha i tratti dell’irripetibilità: scrittore per vocazione, con una capacità assoluta di rimarcare il margine della meraviglia anche in situazioni di ordinaria quotidianità, conoscitore della lingua italiana a tal punto da permettersi inserzioni di un dialetto siciliano – quello stesso che aveva appreso in famiglia – senza farle apparire gratuite interferenze linguistiche, narratore i cui meriti vanno ben oltre la fama del commissario Montalbano, la sua creatura maggiore e il punto centrale di una poetica che ha avuto tante articolazioni significanti. La traduzione televisiva dei suoi racconti ha prodotto senz’altro una singolare andatura in controtendenza: nel rapporto tra letteratura e fiction, solitamente sbilanciato per quanto riguarda gli apporti della parte scenografica e filmica a favore dell’opera narrativa, con Camilleri si può dire tranquillamente che i personaggi, gli ambienti e le situazioni di svolgimento hanno impresso una straordinaria velocità di diffusione e popolarità sul piano televisivo, facendo diventare i soggetti e le problematiche connesse molto familiari a un grande pubblico. Merita ricordare a questo punto che il suo primo romanzo Il corso delle cose, dopo il rifiuto di numerose case editrici, venne pubblicato da Lalli e da lì cominciò un lungo itinerario nel mondo della narrativa, convalidato subito da La strage dimenticata, uscito per i tipi della Sellerio, casa “generatrice” di quasi tutte le altre sue opere. Con Camilleri muore un intellettuale fedele al suo credo politico (era comunista) e, nonostante la cecità, con una “vista” molto acuta sulla contemporaneità che gli consentiva di esprimere sempre una nota abbastanza dissonante dal coro generale.
E. S.