HomeCultura e CostumeIl contrabbando di libri e idee che unificò l’Italia

Il contrabbando di libri e idee che unificò l’Italia

Una storia vera, potente raccontata da Pie­tro Berra nel romanzo Il contrabbandiere di libri. Tra una Confederazione appena uscita dalla guerra del Sonderbund e un’Italia ancora da fare, molti personaggi noti del Risorgimento italiano – da Mazzini a Cattaneo – e della Svizzera moderna – da Dufour a Vela – fan­no vivere alla Tipografia Elvetica di Capo­lago una stagione unica, dove libri, libelli, pamphlet circolano liberi come libere sono le loro idee.

Luigi Dottesio, il protagonista principale del romanzo storico del comasco Pietro Berra, è un martire proprio della libertà di stampa. Organizza il contrabbando dei libri vietati dagli austriaci avvalendosi degli “spalloni” attivi sui monti tra il Canton Ticino e il lago di Como. Proprio tornando da Capolago al confine di Roggiana, Dottesio viene arresta­to, giudicato e condannato a morte dagli au­striaci.

Ma Il contrabbandiere di libri è anche la modernissima storia d’amore interclassista che lega Luigi Dottesio – figlio del popolo – alla ricca borghese Giuseppina Bonizzo­ni. Una storia d’amore, un po’ come I pro­messi sposi pubblicato una ventina di anni prima dei fatti raccontati da Pietro Berra, che sarà ostacolata un po’ da tutti, parenti compresi. Attraverso le vicissitudini di Lui­gi e Giuseppina scopriamo così un Risorgi­mento vivo, appassionante, diverso da quel­lo che ci hanno sempre insegnato a scuola. Abbiamo incontrato a Como Pietro Berra, l’autore del romanzo.

La prima parte del romanzo ruota attor­no alla Tipografia Elvetica, rinata pochi anni fa e che, non a caso, è anche l’edito­re del libro.

Esatto. Non è un caso. Il tutto è nato dall’in­contro con Julia Kessler e Milo Miler, la cop­pia che ha ridato vita nel 2015 all’edificio che ospitava la Tipografia Elvetica a Capo­lago. E con l’edificio sono rinate anche que­ste edizioni. È discutendo con loro che è nata l’idea di scrivere un romanzo attorno alla vecchia Tipografica Elvetica. Faceva piace­re a entrambi restituire a questi personaggi il ruolo significativo che hanno avuto nella creazione dell’identità culturale sia svizzera sia italiana.

Il titolo del libro è molto suggestivo “Il contrabbandiere di libri”. Noi siamo abi­tuati al contrabbando di ben altre merci.

Nei musei sul contrabbando, sia in Svizzera sia in Italia, viene ricordato solo il contrab­bando di merci, caffè, seta, sigarette… Luigi Dottesio non era un semplice contrabbandie­re. Era anche un intellettuale, di umili origi­ni venuto dal popolo. Dottesio viene ferma­to sul confine, arrestato e infine impiccato a Venezia. Il contrabbando di libri si è dunque rivelato pericoloso, mortale. Mi sembrava un po’ triste ricordare solo il trasporto illecito di merci che, con tutto rispetto era comun­que un modo illegale di guadagnarsi la vita. Chi invece lo faceva per un ideale, rischiando molto di più, è stato completamente dimen­ticato.

Vale la pena ricordare che allora molti libri erano messi all’indice dal regime austriaco

Sotto l’Impero asburgico, nel Lombardo-Ve­neto era impossibile pubblicare una serie di libri. Per citarne uno, Le ultime lettere di Ja­copo Ortis– molto popolare tra i giovani del Risorgimento – era messo all’indice, come molti altri scritti perché promuovevano, so­stenevano e affermavano una cultura italia­na, un’identità nazionale. Quindi i libri si stampavano al di là della frontiera, in Sviz­zera, in una terra libera, per poi diffonderli nel Nord Italia. È stato un periodo storico in cui la Svizzera è stata un riferimento per gli uomini liberi e le donne libere di quella pri­mavera dei popoli che percorse l’Europa nel 1848.

Luigi Dottesio, il protagonista del libro, è una figura minore del Risorgimento, quasi un eroe romantico.

Eroe romantico lo è sicuramente. Il Risor­gimento, non è tanto quello che impariamo a scuola fatto di battaglie, date, nomi… una noia mortale. No, è molto più interessante. È fatto di personaggi e delle loro storie. A ren­dere Dottesio un eroe romantico ci pensa la sua storia d’amore – impossibile – con la ve­dova Giuseppina Bonizzoni. Un amore sotto­traccia che poi esplode sempre di più in tutto il romanzo e soprattutto nella vicenda reale.

Parliamo allora di questo amore impos­sibile.

Luigi e Giuseppina sono un po’ dei “promes­si sposi” e lo rimarranno per tutta la vita. Ancora dopo la morte di lui a Venezia nel 1851, lei cercherà in ogni modo di ottenere le spoglie mortali dell’amato compagno. Ci riuscirà solo a Italia unita nel 1868, 17 anni dopo la sua impiccagione. Una storia d’amo­re incredibile, perché lui veniva dal popolo con alle spalle solo la quarta elementare, lei era una ricca borghese comasca, il tutto in un’epoca in cui le classi sociali erano ancora molto rigide.

Ci racconti la loro storia d’amore parti­colare vissuta in un contesto storico al­trettanto particolare.

Giuseppina Perlasca Bonizzoni e Luigi Dot­tesio si conoscono per la prima volta durante l’epidemia di colera. I due sono particolar­mente attivi nella cura dei malati. Lei, più vecchia di cinque anni, è una vedova con sei figli. La coppia forma una sorta di famiglia allargata ante litteram dove i figli lo chiama­no “papà”. Luigi e Giuseppina non riusci­ranno mai a sposarsi. Le tragedie della storia patria e di quella privata, si intrecciano fa­talmente il 12 gennaio del 1851. I nostri pro­tagonisti vengono invitati dal direttore della Tipografia Elvetica a Capolago. Sembra che avessero trovato un prete disposto a sposarli. Fino allora non era stato possibile, in primo luogo per problemi con le autorità. Su di lui, infatti, per tanti mesi pende un mandato di cattura. Poi a opporsi al matrimonio ci pen­sano i parenti di lei che, più attenti al conto in banca e alle sue umili origini, decidono di separare i due amanti e di mandare Giusep­pina in Valtellina.

Quel 12 gennaio 1851 sarà però un gior­no fatale…

Pare che il prete di Campione d’Italia fosse disposto a celebrare il matrimonio. Purtrop­po, a Capolago quel giorno arriverà solo Lui-gi, passato dai monti, alla maniera dei con­trabbandieri. Giuseppina, in carrozza, viene invece respinta alla frontiera. Luigi tornerà verso Como forse troppo agitato, sicuramen­te con dei documenti compromettenti che gli affida il direttore della Tipografia, che gli dice: “Giacché torni dall’altra parte del con­fine, fammi questo favore” e gli dà un mal­loppo di documenti che lui neanche guarda. Ed è proprio il giorno in cui verrà arrestato al valico di Roggiana. Inizialmente sembra una cosa di poco conto. Invece, piano piano, Dottesio diventa il capro espiatorio di una nazione intera.

Una vicenda amara con un finale anche un po’ dolce…

In quegli anni si affermano le idee anche at­traverso la cucina, proprio come oggi. Nel romanzo irrompe la giovane contessa Tiret­ta di Treviso che si batte fino all’ultimo per salvare Dottesio. Patriota pure lei, la contes­sa inventa un dolce, il “tira un sospiro su”, ovvero l’attuale tiramisù, che per la maggior parte dei dizionari, sarebbe nato negli anni Sessanta del Novecento e codificato nei ricet­tari negli anni Ottanta. Invece no. Il dolce nasce dall’idea di mettere assieme tutte le regioni del Nord Italia, per dare un segnale di unità: il caffè del Veneto, i savoiardi pie­montesi e guarda al caso, proprio dal lago di Como, il mascarpone.

Riccardo Franciolli

www.tvsvizzera.it

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