Alcuni esperimenti didattici del Laboratorio Integrato di Progettazione Urbanistica (LIPU) dell’Università di Udine, condotto da me, Elena Olivo e Giorgio Verri, hanno sviluppato progetti per grandi quartieri urbani destinati a riequilibrare o ricucire parti di città.

Dietro a questi esperimenti stanno tentativi e ipotesi che possono così essere brevemente riassunti:
a) ritrovare modelli di sviluppo urbano coerenti con la storia del nostro Paese e del contesto Europeo della città compatta;
b) ipotizzare di ridurre il consumo di suolo non solo attraverso vincoli di difficile applicazione ma attraverso una rinata cultura della città che attragga a sé con trasmigrazione secolare le dispersioni dell’urbanesimo novecentesco;
c) produrre modelli utili per buone pratiche in caso di ripartenza dello sviluppo inflattivo;
d) ripensare l’urbanistica italiana partendo da un progetto planivolumetrico guida dell’intero quartiere sul quale sovrapporre dei Piani locali, operativi e prescrittivi, che con questo progetto Planivolumetrico guida debbano confrontarsi;
e) utilizzare i metodi della pianificazione integrata tra pubblico e privato e della pianificazione complessa per attuare sia il recupero che la espansione a fini rigenerativi di parti di città o dell’intera città. Ne emerge un modello di città a grappolo di quartieri, molto più vivaci e vivibili delle attuali periferie, con centralità proprie, correlati tra loro anche grazie a trasporti innovativi, ma in grado di fornire diverse interpretazioni antropologiche della stessa madrepora urbana. Nel 2021 ci siamo occupati di Porto Vecchio, a Trieste, con 4 diversi progetti e con il Corso di Territorial Engineering per quanto riguarda le infrastrutture.

Il tema fondamentale, oltre alla problematica di Base economica che tende a rendere autosufficienti i nostri quartieri per i rapporti tra posti di lavoro e residenza, è stato quello di collegare la città al porto non solo longitudinalmente, ma anche trasversalmente, dalla collina al mare, avvolgendo la stazione ferroviaria e il fascio storico di binari con un quartiere di densità simile ai Quartieri Teresiani. Un accerchiamento che ha portato alcuni a ipotizzare un interramento dei binari e altri a scavalcarli con ponti ciclo pedonali, senza mai rinunciare alla logica di integrazione fisica di questo spazio con la città, che distingue i nostri progetti da quanto fino ad ora ipotizzato per quest’area. Non più quindi un ingresso-uscita da Porto Vecchio da Nord (verso Barcola) e da Sud (Trieste Teresiana), ma da più direzioni rivolte alla collina e ai quartieri retrostanti, storicamente chiusi al mare dal fascio dei binari e dal Porto, da noi immaginato come parte della città a 360 gradi, con flussi dal mare alla montagna e viceversa, innestati perpendicolarmente rispetto alle tradizionali possibilità. Il nuovo quartiere, studiato con numerosi disegni fino alla scala architettonica per alcuni dettagli, sarebbe servito da una doppia linea di tram-train, capace di circolare sia su ferrovia che su strada, dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari a Muggia e dal Castello di Miramare a Opicina, potendo proseguire da qui all’aeroporto. In città verrebbe interessato oltre a Porto Vecchio il piazzale della Stazione, e da un lato l’asse Carducci, Garibaldi, Ippodromo, Cumano e la vecchia tratta ferroviaria fino ad Università-Ingegneria e Opicina, dall’altro lato si utilizzerebbero invece le Rive, e da Campo Marzio i tratti ferroviari esistenti, con nuovo percorso stradale fino a Muggia. Pensiamo che la condizione metropolitana di Trieste ne verrebbe fortemente valorizzata.
Piero Pedrocco