Il recente viaggio del papa in Africa offre l’occasione per riflettere sulla crisi dei valori che si è aperta in Occidente da diversi decenni, un declino morale e spirituale che ha coinvolto ideologie e religione, economie e società. Qualcuno ripete come un mantra che siamo ormai in una società post-ideologica, come se questo fosse un traguardo di liberazione e civiltà, l’ultimo livello di crescita e maturazione, ma i popoli affrancati dai sistemi ideologici tradizionali non sembrano essere migliori di quelli di una volta né danno l’idea di star meglio di prima. Credo che un fenomeno simile sia avvenuto da secoli pure nella chiesa e anche qui abbia prodotto pessimi risultati. Quello dal cristianesimo al cattolicesimo è un po’ il passaggio da un’ideologia a un pensiero, da una fede alla ragione che diventa sistema. La comunità cattolica del terzo millennio ha problemi di vocazioni e chiese vuote, e per raccogliere folle immense intorno al papa deve andare in Africa, in America latina; insomma nei paesi poveri del terzo mondo, che ancora attendono una rivoluzione, un profondo passaggio dallo sfruttamento al rispetto dei diritti dell’uomo.
Il cristianesimo in quanto movimento rivoluzionario e ideologico non ammetteva compromessi, accordi al ribasso, sosteneva l’idea fino al sacrificio personale (il martirio ad esempio). Il cattolicesimo invece ha perso ogni slancio rivoluzionario, è diventato sistema politico, economico e in buona parte è autoreferenziale, impegnato a mantenere posizioni di rendita già conquistate. Potremmo parlare di una paradossale proporzione algebrica per la quale il rapporto tra povertà e fede è inversamente proporzionale a quello tra benessere e spiritualità. Le classi più potenti, le società del benessere hanno addomesticato il cattolicesimo e i suoi derivati, lo hanno piegato a proprio beneficio, ne hanno spuntato lo spirito innovativo che si ricollegava al cristianesimo, quando lo hanno associato al potere. Lo aveva ben capito Manzoni che faceva rivivere negli umili, e solo in questi, la fiducia nella Provvidenza. I potenti sfoggiano un senti religioso, ma non hanno fede, non sono disposti ad affidare a Dio il destino dell’uomo dal momento che presumono di poterlo influenzare con le armi e il denaro. La chiesa e i cattolici hanno ormai un problema di identità non facilmente risolvibile: rinnovarsi significa mettersi in discussione e perdere consensi remunerativi, restare immobili comporta un progressivo invecchiamento che porterà comunque e inevitabilmente al declino, a vuoti che nemmeno l’entusiasmo dei poveri e dei deboli riuscirà a colmare. Scelta difficile ben espressa nelle frasi che Umberto Eco fa pronunciare alla delegazione pontificia impegnata in una dotta disputa sulla povertà con una delegazione francescana: “il problema non è se Cristo sia stato povero, ma se la chiesa debba essere povera”. Quella chiesa era già pronta ad accettare il compromesso e far suo il dio Mammona, ignorando l’avvertimento di Cristo nel discorso della montagna: “Non potete servire a due padroni, a Dio e al denaro”. I cattolici sono diventati come i farisei del tempio, risolvono spesso gli obblighi morali nella ritualità della pratica e sono in pace con se stessi. Ma chi dà le risposte giuste a colui che vive nel dolore rivelando che quella sofferenza non viene da Dio, bensì dall’uomo? E dire la verità, parlare di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, assolvendo Dio da ogni colpa o responsabilità, è sufficiente? E non bisogna anche denunciare il vero colpevole, prendere le distanze, scacciarlo dal gregge in cui si nasconde? La teoria della liberazione è sembrata alla chiesa troppo pericolosa e oggi preferisce parlare di dottrina sociale, una teologia del bene sociale che molto probabilmente rimarrà astratta e cerebrale come ogni sistema filosofico passato e futuro. Quando Cristo scacciò i mercanti dal tempio non usò parabole né metafore, sapeva di attaccare un sistema in cui il tempio stesso era ben inserito e che ne avrebbe pagato le pene. La chiesa del futuro dovrà essere più cristiana e meno cattolica, più rivoluzionaria e meno istituzionale, più critica e meno accomodante, più lontana dal potere e più vicina agli ultimi. Solo così sopravvivrà.
M. G.