Umberto Saba libraio, a Trieste
A Trieste in via San Nicolò n. 30, nella centralissima zona pedonale dove si può godere ancora della possibilità di camminare quasi totalmente lontani dal pericolo di motocicli sguscianti da ogni dove, esiste (ma meglio sarebbe dire resiste) la Libreria Antiquaria “U. Saba”, per fortuna. È merito di Mario Cerne, figlio di quel Carletto che fu a lungo collaboratore del poeta, se oggi la città e la regione si fregiano di un luogo dove risuona
il battito di una pulsazione intellettuale, e più specificamente letteraria di un tempo andato. Questa realtà ha assunto le sembianze di un museo che, nella sua staticità, ricorda peraltro ai cittadini e ai turisti una presenza qualificante della cultura triestina. Dovrebbe essere un punto di riferimento per gli operatori del settore, una fucina di idee progettuali di rilancio di un pensiero che merita ancora approfondimenti e confronti. È auspicabile che lo si ricordi non solo nelle ricorrenze che rimandano all’azione e al pensiero di Saba, ma che si favorisca una pratica e una frequentazione, pubblicizzando il vasto repertorio di cui è in possesso. In una lettera a Giacomo Debenedetti del 1924 il poeta scriveva a chiare lettere quanto amava ripetere anche con i pochi amici che aveva attorno a sé: “Il Canzoniere è un dono della natura, la Libreria è nata dal mio sforzo”. Quindi il motivo d’orgoglio per l’impresa portata avanti era prevaricante rispetto alla soddisfazione per l’opera lirica.
Acquistata nel 1919, si avvia a festeggiare il centenario forse con qualche attenzione maggiore da parte delle istituzioni, per le quali è utile anche la considerazione che questo “antro oscuro” è più noto in Italia e all’estero che nel capoluogo giuliano. Fare qualcosa per porlo su un piedistallo di luce, adatta a farla emergere dal chiaroscuro di lunghi decenni di indifferenza, sarebbe anche una bella smentita al pensiero (profetico?) più volte espresso da Umberto Saba, cioè che “il mondo va avviandosi verso il più assoluto cretinismo”.
Intervista a Mario Cerne della Libreria Antiquaria “U. Saba” di Trieste di Enzo Santese
In questa libreria, dove anche Carletto, tuo padre, ha passato al lavoro buona parte della sua esistenza, quali sono le cose più significative che rimandano alla presenza di Saba?
Avendo mantenuto la libreria, come struttura, come ai tempi di Saba, credo che tutto l’ambiente sia significativo per ricordare il mondo del poeta. Mentre la scaffalatura nell’ingresso è anteguerra, quella nella parte retrostante è stata fatta con Saba ancora vivente nel dopoguerra, circa nel 1950. A questo punto, mi sono spesso domandato se valeva la pena sacrificarsi e mantenere il ricordo o era meglio chiudere tutto.
C’è un ricordo particolare – diretto o mediato attraverso i racconti paterni – che serve a inquadrare la complessità psicologica del poeta?
Quando parlo di Saba credo che sia giusto valutare il poeta, apprezzato ovunque, e il Saba uomo, con cui – posso dire con orgoglio – solo mio padre ha avuto un ottimo rapporto, anche se con discussioni per tutta la vita, al contrario che con i clienti che quasi respingeva. Credo che l’esser stato in cura dal dr. Weiss, fino a quando è rimasto a Trieste, dimostra la necessità dell’uomo-poeta di esser aiutato psicologicamente da qualcuno. Alla fine della sua vita ha avuto vicino la signora Baldi che era riuscita a farlo valorizzare dalle istituzioni e, nelle sue ambizioni, credo vi fosse la speranza di acquisire il Nobel per la letteratura.
Si ha l’impressione che questo luogo (la libreria) sia meta più ambita dai cultori della materia bibliofila che provengono da altre città e Paesi, rispetto ai triestini per i quali sembra che abbia notevole vigore il significato del nemo propheta in patria. Qual è il suo pensiero?
La libreria per il fatto di esser menzionata in tutte le guise, senza che io abbia mai fatto nulla per pubblicizzarla, è senza dubbio molto conosciuta dai visitatori della città mentre non è minimamente considerata dai locali. Recentemente un turista, cercando la libreria, aveva chiesto informazioni a due giovani che avevano dovuto consultare Google per localizzarla, e si è sentito rispondere che doveva esser quella vicino al negozio di abbigliamento Zara. Non è che le istituzioni siano migliori; all’ufficio informazioni turistiche regionali a un altro turista è stato detto che la libreria Saba non esisteva più, ma che “in via Mazzini vi era la Feltrinelli”.
In quale misura, secondo te, la città è “vicina” a questo autentico monumento storico-letterario con le sue istituzioni, con le associazioni culturali, con gli intellettuali in genere?
La città è completamente nei suoi cittadini e nelle sue istituzioni, indifferenti a tutte quelle attività che hanno mantenuto le vecchie strutture, considerate solo fuori tempo e da eliminare.
Le frequentazioni della Libreria registrano anche interesse da parte dei giovani? Le forze giovani sono state negli ultimi anni completamente refrattarie alla libreria, spinte solo da curiosità spicciola: tradizionale è la frase “possiamo dare un’occhiata ?” e poi, dopo pochi secondi di rapido sguardo agli scaffali, escono senza neanche degnarsi di un saluto.
Quali sono le prospettive reali – riferite al futuro prossimo – di questa attività nella quale profondi il tuo impegno ancora con grande passione.
Scarse le prospettive future di questa attività dal punto di vista commerciale. Credo che ormai il commercio dei libri fuori commercio sia convogliato verso gli studi bibliografici, dove il libraio antiquario descrive e offre il libro sul web. Riceve quindi la richiesta e il pagamento anticipato e poi spedisce il libro. Non vi è alcun dialogo e perdita di tempo. Recentemente un cliente è entrato in libreria dopo la chiusura, ha voluto consultare un’opera che gli interessava. Dopo mezz’ora ha rinunciato, salutando, ed è andato via. Sul web avrebbe dovuto decidere, senza consultare, acquistare, pagare senza prendere in giro nessuno, perché questa è la sensazione che si prova. Ancora più spudoratamente il cliente entra chiedendo un libro che, non richiesto, afferma di aver cercato da tutte le parti compreso Internet; alla presentazione del volume da parte mia afferma “ma è così caro!”.
Come pensi avrebbe reagito Umberto Saba se avesse potuto per assurdo trovarsi di fronte all’attuale situazione generale di Trieste e d’Italia?
Non saprei rispondere ma credo sarebbe stato come tutte le persone anziane viventi attualmente, che non riescono a capire più nulla, in quanto i valori in cui hanno creduto nella vita non sono più considerati. Ricordo, per sentito dire, che Saba forse influenzato dall’ambiente in cui viveva la figlia a Roma, fu molto preoccupato delle possibili conseguenze politiche della legge sulle elezioni politiche del 1948. Come non è stato un ebreo professante, così non è stato un politico e valutava le conseguenze di un fatto solo per i probabili effetti sulla sua vita. A conclusione, considerato che quest’anno ricorrono i 100 anni dell’acquisto della libreria da parte di Umberto Saba, sentendo continuamente parlare di quota 100 e avendo calcolato che sono già a quota 130, credo di poter chiudere definitivamente questo “oscuro antro funesto” e restarmene a casa.
Enzo Santese