Nella storia dell’arte due rivoli concettuali hanno in vario modo ascendenze e riflessi di contiguità con la ricerca di Lorenzo Viscidi Bluer, da una parte Wassily Kandinsky e dall’altra Yves Klein: per il primo (nel saggio Contenuto e forma del 1911) l’anima, essendo connessa con il corpo, è in grado di cogliere ogni vibrazione per mezzo dei sensi, quali ponti, non solo metaforici, fra l’immateriale e il materiale nel caso dell’artista, all’inverso in quello dello spettatore. Klein poi rimarca il ruolo importante dell’immaterialità che si percepisce nell’osservazione delle forme di un’opera. Sullo sfondo del pensiero di Lorenzo Viscidi Bluer (in questi giorni, fino al 18 febbraio, ospite della Galleria dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia con l’importante mostra personale “I confini dell’anima” sta la luce ineffabile dello spirituale e da questo discende la sua attitudine a creare il nesso tra le materie privilegiate, plexi e ceramica, e il loro scatto transitivo verso la levità assoluta del rimando significante.
Così, proprio nelle espressioni più soggette alla corporeità, al dato ponderale, alla densità, l’artista arriva alla sublimazione simbolica del dato fisico nella spiritualità immateriale della scultura. D’altro canto, considera la materia fortemente imperfetta, soggetta com’è a modificazioni che ne alterano l’anatomia, la struttura, le parvenze d’origine; l’arte, quando esce dalle secche del consueto e contiene la ragione generatrice della necessità interiore, evocata a più riprese da Kandinsky, allora si avvicina a quel grado d’essere che è immaterialità. È per questo che Lorenzo Viscidi Bluer gioca con l’ossimoro di una fisicità, fatta passare attraverso il processo creativo della scultura nella fase dell’“oltre”, quantificata nella trasparenza dei materiali che divengono contenitori di vita “altra” e consentono all’opera di proporsi allo sguardo del fruitore non solo nella loro tridimensionalità, ma nella loro più segreta struttura costitutiva. Anche qui la dialettica interno-esterno riveste il ruolo di motivatore del pensiero, sollecitato a fare ogni volta una sorta di ricognizione grandangolare, come se l’opera si proponesse distinta nelle sue varie parti che si offrono alla considerazione dello spettatore per sequenze, scelte da chi guarda nella successione degli istanti dell’approccio visivo.
La materia resa duttile con l’intervento del fuoco, raddensata con l’aria, a contatto con le più varie condizioni di luminosità, diventa essa stessa luce che “parla” attraverso gli alfabeti misteriosi (tagli e inserzioni di presenze vegetali e biologiche) che la costellano, racchiude porzioni di mare o di cielo, si slancia come stele nella verticalità con un richiamo preciso agli obelischi egizi e romani, oppure ancora si agglomera in sfera di ceramica replicando in sé il cosmo cangiante da un’opera all’altra.

Le creazioni di Bluer, nate da un’energia che attraversa ad alta temperatura emozionale il filo anima-mente-mano, si disseminano in uno spazio dove risuonano magicamente le note formali e cromatiche degli Accartocciati, dei Totem, dei Pieces of sea (Pezzi di mare), dei Cactus, degli Universi oltre, degli Aditi, delle sfere che sono autentiche condensazioni di cielo e mare. Da ciò discende la poetica della cattura “in vitro” di porzioni della natura, di allusioni a mondi lontani che contengono in sé le tracce e segni immaginati in arrivo da universi lontani, dove l’armonia delle “stelle rotanti” è incanto e stimolo alla felicità dell’esistere, a prescindere dalle strettoie del quotidiano e dalle mostruosità delle cronache registrate ad ogni ora nelle lande più diverse del mondo. La poetica di Lorenzo Viscidi Bluer è così in grado di attrarre chi guarda alla dimensione dell’Assoluto e, proprio per questo, non è soggetta a una interpretazione univoca, ricca com’è di rimandi e significati sempre nuovi. E il ventaglio di materie usate sta per dare corpo nelle prossime fasi della ricerca alle creazioni ottenute anche con legno e metallo.LORENZO VISCIDI BLUER, Cactus fiore di luce, Opus 36/2023, h cm 38, plexiglas, 2023
Enzo Santese